ISOLE DI BRISSAGO
Le isole di Brissago sono due: l’Isola Grande e l’Isolino. La prima, per via della sua
chiesuola viene chiamata anche San Pancrazio, la seconda
Sant’Appollinare. Nel 1885 entrambe vennero chiamate
Isole Saint Leger, dal nome dei nuovi proprietari. La
Baronessa Antonietta ricavò sull’isola grande una palazzo
in stile neoclassico ed un magnifico parco ricco di rare
piante esotiche. Dopo alterne vicende nel novembre 1949
venne sottoscritto un accordo per effetto del quale le isole
assumono il nome di Isole di Brissago ed il parco quello di
“Parco Botanico del Cantone Ticino”. Si distingue dagli altri
parchi botanici svizzeri e dei paesi confinanti per la presenza di un numero considerevole
di piante esotiche di provenienza subtropicale che vengono coltivate all’aperto. Esse sono
ripartite nel Parco secondo criteri geobotanici; sono state cioè create delle associazioni
vegetali secondo la provenienza delle piante. In tal modo viene offerto al visitatore
l’impressione di trovarsi tra gli Eucalipti dell’Australia con le specie tipiche della regione, o
tra gli arbusti della macchia mediterranea. Le associazioni più importanti e più complete
sono quelle della macchia mediterranea con l’erica arborea, lo smilace, il pistacchio, il
carrubo, il cisto bianco, il rosmarino, il corbezzolo, la fillorea ecc. Le specie tipiche di
questa associazione sono contraddistinte dalla presenza di foglie piccole o coriacee
contenenti olii eterei che evaporando durante le ore più calde del giorno abbassano la
temperatura degli organi vegetali. Associati alla macchia mediterranea vediamo anche il
mandorlo, l’albero del Padrenostro, i cui semi vengono adoperati per la fabbricazione delle
corone del rosario. Altre specie conviventi con quelle menzionate sono le erbe aromatiche
come il timo, l’issopo, la melissa, la lavanda, l’erba ruta, la salvia ecc.
La baronessa Antoinette de Saint Léger, nel lontano 1885, trasformò l‟Isola Grande in un
bellissimo giardino esotico.
La dimora divenne il centro di intense attività culturali. Vi convenivano pittori, scultori,
musicisti e scrittori.
Nel 1927, caduta in povertà, la baronessa fu costretta a vendere la proprietà ad un ricco
commerciante amburghese, Max Emden, che costruì l‟attuale villa, il bagno romano,
“l’orangerie” e la darsena.
Nel 1949 le Isole di Brissago furono acquistate in comproprietà dal Cantone Ticino, dai
comuni di Ascona, Brissago e Ronco s/Ascona, dalla Lega Svizzera per la protezione dei
beni culturali (Heimatschutz) e dalla Lega Svizzera per la protezione della natura (Pro
Natura) e furono aperte al pubblico come Parco Botanico del Cantone Ticino.
Nel 2019 questo pregiato comparto è stato acquisito dal Cantone Ticino. La firma dell’atto
notarile ha fatto seguito all’approvazione da parte del Gran Consiglio del Messaggio
governativo concernente la ratifica delle Convenzioni stipulate tra il Cantone e i Comuni di
Ascona, Brissago e Ronco sopra Ascona, e il credito per il risanamento urgente degli
edifici, degli impianti tecnici, delle strutture esterne e per la progettazione di interventi e
misure per rendere più funzionali, fruibili e attrattive le due Isole. L’acquisizione delle Isole
di Brissago da parte del Cantone Ticino ha così permesso di riorganizzare
l’amministrazione e la gestione delle stesse, allo scopo di preservare e valorizzare
ulteriormente il patrimonio che questo comparto rappresenta nel contesto cantonale e
nazionale.
Bagnate dalle acque, protette dalle Alpi e baciate dal sole, queste magnifiche isole danno
la possibilità al visitatore di fare il giro del mondo in quattro passi. Le isole godono di un
clima particolarmente mite che consente di coltivare in piena terra delicate piante
subtropicali.
Il parco Botanico (2.5 ettari) offre più di 1500 specie di piante provenienti dal
Mediterraneo, dall‟Asia subtropicale, dal Sud Africa, dalle Americhe e dall’Oceania.
Da vedere…
oltre ai Rododendri, alle Azalee, alle Camelie, tipiche ospiti dei giardini d‟insubria che
mostrano il loro splendore a primavera, segnaliamo diverse specie di Palme e di Bambù, il
Cipresso calvo, alcuni Eucalipti centenari messi a dimora dalla Baronessa de Saint Léger,
i Cisti del bacino mediterraneo e le felci arborescenti d‟Oceania.
La storia dell’isola
La storia delle Isole si perde nel tempo. Sull‟Isola Grande sono state rinvenute vestigia
romane; sull‟Isolino ci sono i resti di una chiesa del 1250 circa: sui muri sono ancora visibili
affreschi di stile romanico. Nel 1885 la baronessa Antonietta Saint Leger trasforma il luogo
in dimora e da vita ad un‟intensa attività culturale: vi convengono pittori, scultori, musicisti,
scrittori. L‟Isola Grande diventa giardino esotico, d‟importanza particolare: del 1913 il diario
sulle specie coltivate pubblicato a Londra (The vegetation of the Island of St. Leger in
Lago Maggiore). Caduta in miseria, nel 1927 vende tutto a un ricco commerciante
amburghese. Max Emden, a sua volta, fa costruire l‟attuale villa, la darsena e il bagno
romano; fa sistemare le aiuole. Conduce vita sfarzosa per un decennio; vi crea un suo
eden.
Nel 1949 le Isole di Brissago sono acquistate dallo Stato del Canton Ticino, dai Comuni cli
Ascona, Brissago e Ronco s/Ascona e dalla Lega svizzera per la salvaguardia del
patrimonio nazionale e da Pro Natura. Diventano Parco botanico del Canton Ticino.
MAGIA DEL LAGO MAGGIORE
Il lago Maggiore è per estensione il secondo lago italiano dopo quello di Garda. Il Verbano
(questo, in realtà, il suo vero nome) si suddivide tra la Lombardia (provincia di Varese), il
Piemonte con le province di Novara e Verbano-Cusio-Ossola e,
nella sua parte più settentrionale, la Svizzera: quasi a dispetto
dei nazionalismi regionalismi e provincialismi ancora esistenti, il
turismo diventa ancora, al di là dell’interesse dei singoli un
denominatore comune. Nasce dal fiume Ticino che vi si riversa
quando ancora si trova in territorio elvetico formando un ampio
delta e che sfocia a Sesto Calende. La sua forma allungata (66
Km di lunghezza), il profilo a U delle sponde, la profondità
(circa 175 m) e i depositi morenici testimoniano la sua origine
glaciale, comune, del resto, anche agli altri laghi prealpini.
L’intera zona del lago fu abitata sin dall’antichità: nel corso dei
secoli fu teatro di incontri e scontri tra uomini e civiltà poiché
costituiva una via di transito naturale con il centro d’Europa. La
sua felice posizione spiega anche la presenza di sistemi
fortificati che talvolta sfruttarono particolari condizioni naturali
(come per esempio la rupe che sorregge la rocca di Angera)
I castelli di Cannero
Il paesaggio così ricco di storia e di testimonianze storiche e artistiche è quanto mai vario:
angusto nella parte più meridionale, si allarga e diventa particolarmente ricco di
vegetazione e architetture nel golfo Borromeo, favorito sia dal clima sia dall’operosità
dell’uomo, che seppe costruire sontuosi palazzi e circondarlo di splendidi giardini
indispensabile premessa e futuro stimolo per il decollo turistico. La sponda lombarda del
lago è caratterizzata da dolci colline che degradano progressivamente fino alla riva, dove,
tra fiumi e torrenti, si alternano spiagge sabbiose e pareti rocciose.
In un contesto di vegetazione lussureggiante, le profonde insenature offrono un’alternanza
di panorami senza eguali che trovano la loro sublimazione nelle escursioni in battello. Chi
si allontana dalla costa del lago potrà vedere la flora mediterranea cedere il passo ai
boschi di latifoglie e conifere in un mix davvero unico a queste latitudini.
Storia dei castelli di Cannero
I castelli di Cannero furono costruiti tra il 1200 e il 1300 d.C. e vennero denominati
“Malpaga”. Alla fine del XIV sec. i Mazzarditi, famiglia composta da cinque fratelli, invasero
Cannero e si impadronirono anche della Malpaga. In quel periodo Cannobio era divisa fra
Guelfi e Ghibellini; i Mazzarditi approfittarono di queste discordie e in una notte fra la fine
del 1403 e il 1404 si impossessarono del pretorio comunale uccidendo una moltitudine
Guelfi. Quando Filippo Maria Visconti divenne duca di Milano inviò un esercito di 500
uomini per sconfiggere i Mazzarditi, i quali nel 1414 vennero cacciati da Cannero e la
Malpaga venne rasa al suolo. Nel 1421 i Mazzarditi ricevettero la grazia dal duca di Milano
e ritornarono in patria. Circa trent’ anni dopo le isole di Cannero vennero cedute alla
famiglia Borromeo, la quale fece edificare sulle rovine una rocca fortificata denominata
“Vitaliana”.
Nella guerra tra gli imperiali e i francesi Ludovico Borromeo appoggiò questi ultimi, anche
se nel momento in cui i ducali e gli spagnoli circondarono la Vitaliana i Borromei non
ottennero l’aiuto desiderato. Nel 1526 la costruzione della Vitaliana fu terminata; alla morte
di Ludovico, il 5 ottobre del 1527, i castelli vennero ereditati dai figli i quali non
amministrarono perfettamente le proprietà. Alcuni anni dopo la Vitaliana venne
abbandonata perché era un facile bersaglio in caso di attacco, data la sua posizione vicina
alla riva. Divenne asilo di contrabbandieri, rifugio di pescatori e perfino luogo in cui
venivano falsificate monete. Nel 1645 i Borromeo pensarono di abbellire i giardini che
circondavano la rocca, ma i lavori non presero mai il via, anche il progetto di migliorare il
porto fu abbandonato. Oggi su quei tre isolotti esistono solo le rovine della fortezza.
Alla fine del 1300 le condizioni deplorevoli del Ducato di
Milano non permettevano un controllo delle tirannie locali e
delle lotte fra le diverse fazioni. Su due isolotti situati nelle
vicinanze di Cannero c’erano due castelli, costruiti fra il
1200 e il 1300, detti “Malpaga”, abitati verso la fine del XIV
secolo dai cinque fratelli Mazzardi, detti “Mazzarditi”,
originari di Ronco. Cannobio era allora divisa dalle opposte
fazioni: “Guelfi” e “Ghibellini”.
Approfittando di questa circostanza, una notte tra la fine del
1403 e gli inizi del 1404, aiutati dalla famiglia comasca dei
Rusca, questi predoni, i Mazzarditi, s’impadronirono del palazzo del pretorio comunale,
uccidendo i guelfi posti alla sua difesa, appartenenti, questi
ultimi, soprattutto alla famiglia dei Mandelli. Per parecchi
anni i Mazzarditi tennero a ferro e fuoco tutto il litorale, ma
con l’elezione di Filippo Maria Visconti a nuovo Duca di
Milano, gli avvenimenti presero una piega diversa: il
Signore, di fronte alle suppliche del popolo del lago, inviò il
condottiero Giovanni Lonati con 500 uomini per sconfiggere
i Mazzarditi. Il castello di Traffiume, in loro possesso, fu
subito espugnato, così come il palazzo di città; iniziò poi
l’assedio del castello Malpaga dell’isola. Nell’anno 1414,
circondati da ogni parte e stremati dalla mancanza di
vettovagliamento, i ladroni si arresero. Nel 1441 le isole
divennero proprietà dei Borromeo, concesse dal duca
Filippo Maria al conte Vitaliano I figlio di Filippo I Borromeo e Franceschina Visconti. Il
conte Lodovico Borromeo, nel 1519, fece edificare sulle rovine delle isole una rocca
fortificata, denominandola “Vitaliana”, in onore della famiglia padovana capostipite dei
Borromeo. Dopo la morte di Lodovico la rocca fu progressivamente abbandonata a se
stessa: ebbe così inizio la sua inevitabile rovina.
Per la sua posizione di “rottura” all’interno della cerchia alpina il Lago Maggiore è sempre
stato una naturale via di comunicazione che è servita da collegamento tra l’Europa
centrale e la Pianura Padana. Proprio per tale funzione “strategica” e quindi per la
necessità di controllare e difendere le terre circostanti sorsero, nei secoli, opere di
fortificazione nei punti chiave del territorio, sfruttando magari quelle che erano le difese
naturali rappresentate da isole, insenature, speroni rocciosi ecc.
Alberto Besozzi di Arolo, qui eremita per voto dopo un naufragio nell’antistante scoglio,
fece costruire sopra la sua grotta-abitazione, dalla gente dei vicini paesi come ex-voto per
la cessazione della peste, una cappella simile a quella in vetta al Monte Sinai, ove gli
angeli avevano deposto il martoriato corpo della Vergine Caterina d’Alessandria. I
Domenicani, che ad Arolo avevano un “ospizio” per predicare in zona, attesero al
nascente santuario e costruirono le cappelle di Santa Maria Nova (1270) e di San Nicola
(1305-1310?), protettore dei naufraghi, ed anche il gotico conventino centrale con le
finestrelle di sapore ancora romanico.
Ai Monaci Romiti Ambrosiani, qui giunti circa nel 1320, si deve l’unificazione delle tre
cappelle in un unica chiesa dalla linea discontinua molto originale e fortemente mistica.
Il panoramico campanile tardo romanico audacemente strapiombante sul lago e i due
loggiati sovrapposti del convento meridionale, frutto del restauro del 1624, caratterizzano
ancor più la stupenda visione di questa perla del lago Maggiore.
Soppressi i Romiti Ambrosiani (1644) vennero i Carmelitani. Dal 1770 l’Eremo Santuario fu
gestito dal Clero della parrocchia di Leggiuno. Nel 1970 è passato di proprietà della
Provinciale di Varese che, con grandiosi lavori, ne ha promosso il recupero, affidandone la
cura ai padri Domenicani.
Nel 1992, in seguito a lavori di ricerca iniziati l’anno prima, l’intera parete dell’abside della
chiesetta di S. Nicola restituisce, dopo circa 500 anni, l’affresco rappresentante una
Crocifissione che potrebbe essere di cultura pregiottesca (l’affresco continua anche sotto
l’arco barocco e un sondaggio mostra una meravigliosa testa della Madonna e due
splendide pecorelle).
Abbarbicato sulla roccia a strapiombo in uno dei punti più profondi del Verbano, l‟Eremo
è un complesso monastico di tre edifici risalenti ai secoli XIII-XIV. Fu fondato dal Beato
Alberto Besozzi di Arolo che fece un voto a S. Caterina d’Alessandria durante un
naufragio e che si ritirò qui in una grotta per 35 anni a condurre vita eremitica
Durante una pestilenza nel 1195 fece costruire il sacello.
Nel secolo XIV era abitato da una comunità di monaci Agostiniani, ai quali nel 1379
subentrarono i Romiti Ambrosiani e successivamente nel 1649 i Carmelitani.
Dal 1970 l‟ Eremo è proprietà della Provincia di Varese. Dal 1986 al 1996 è stato retto
da una comunità Domenicana, oggi è passato agli Oblati Benedettini.
Numerosi i cicli pittorici entro e fuori le mura della chiesa, che coprono un periodo che
va dal XIV al XIX secolo. Arte e storia si integrano splendidamente in un quadro
naturale dei più suggestivi, quasi una balconata che si protende verso le isole
Borromee.
L‟ Eremo si può raggiungere dal piazzale sovrastante, ricco di ampi parcheggi,
scendendo una comoda e pittorica scala di 268 gradini o via lago salendone
un‟ottantina. Grazie alla Provincia questo prezioso patrimonio storico-artistico sta
ritornando al suo antico splendore. Nella sala capitolare è esposta una preziosa
documentazione fotografica che illustra l‟impegnativo intervento di restauro fatto dalla
Provincia, la quale inaugura qui ogni anno il suo programma di concerti estivi con una
serata indimenticabile.
L’Isola Bella
Era un isolotto selvaggio abitato solo da pescatori quando, attorno al 1632, il conte Carlo
Borromeo diede inizio alla sua trasformazione in uno scenografico e fastoso complesso
barocco, che coniuga sapientemente architettura, scultura e arte del giardino. Del
grandioso palazzo, e del magnifico parco che lo circonda, parla il brano seguente, tratto
dalla Guida Rossa Piemonte del Touring Club Italiano.
L‟Isola Bella, situata di fronte al Lido di Stresa, a circa 400 metri di distanza dalla costa del
lago, è la più celebrata e famosa delle tre isole Borromee, esempio tra i più fastosi di
scenografico ambiente barocco creato con l‟apporto combinato di architettura, scultura e
arte del giardinaggio.
Fin verso la metà del „600 l‟isola, detta allora di San Vittore, era un nudo scoglio abitato da
pescatori. La sua trasformazione in luogo di delizie iniziò attorno al 1632 per volontà del
conte Carlo III Borromeo, che in omaggio alla moglie Isabella d‟Adda chiamò l‟isola
Isabella, nome poi trasformato in Isola Bella. La grandiosa opera di costruzione del
palazzo e del parco fu continuata dai figli di Carlo III, Vitaliano e Gilberto, e ad essa
contribuirono numerosi architetti dell‟epoca, tra i quali Francesco Maria Richini, Francesco
Castelli e Carlo Fontana.
Il sontuoso e vasto Palazzo Borromeo, la cui costruzione cominciò attorno al 1632 insieme
ai lavori per il giardino, si presenta come una compatta mole a quattro piani nel corpo
centrale e a tre nei corpi laterali. Conserva all‟interno ricchi arredi originali, con ambienti
assai notevoli: il Salone da ballo; la Sala dell‟alcova; la sfarzosa Sala del trono; la grande
Camera da letto, che ospitò Napoleone e altri sovrani. Le sale sotterranee sono sistemate
a guisa di grotte, con pareti di tufo e stalattiti, incrostate di marmi. Nel palazzo ebbe luogo
dall‟11 al 14 aprile 1935 la “Conferenza di Stresa”, protagonisti Laval, Mac Donald e
Mussolini, che sulla base della collaborazione italo-franco-britannica avrebbe dovuto
garantire la pace europea.
Tra le opere più importanti della Pinacoteca sono i dipinti di Antonio Tempesta (che qui si
rifugiò e dimorò a lungo quando fu accusato di aver ucciso la moglie), di Gian Battista
Tiepolo e di Francesco Zuccarelli. Interessanti le collezioni di armi antiche e di arazzi
(mirabile la Galleria, con tappezzerie fiamminghe del secolo XVII); molti i mobili antichi.
Nella Cappella, costruita nel 1834 per ordine di Vitaliano IX Borromeo: ancona d‟altare,
scultura campionese del primo „400; monumento funebre a Giovanni e Vitaliano Borromeo
e monumento funebre a Camillo Borromeo, opere di Giovanni Antonio Amadeo;
monumento funebre Birago, del Bambaia (1515). I monumenti furono qui trasferiti, nel
1796, dalle chiese milanesi di San Pietro in Gessate e di San Francesco Grande.
Dal palazzo, per la Galleria degli arazzi, si passa nel giardino, tra i capolavori dell‟arte dei
giardini all‟italiana dell‟epoca barocca. Occupa gran parte dell‟isola e consta di dieci
terrazze sovrapposte a gradinata, adorne di statue e fontane, coperte di cedri, aranci,
limoni, magnolie, allori, camelie, conifere e piante rare. Sull‟ultima terrazza, il cosiddetto
Teatro, scenografica costruzione in pietra coronata da un grande liocorno, stemma dei
Borromeo. Magnifiche le vedute sul lago e sulle sponde.
Nel 1632 il Conte Vitaliano Borromeo iniziò la costruzione del monumentale palazzo
barocco e della maestosa scenografia dei giardini che diedero fama all’Isola e che ancor
oggi documentano gli splendori di un’epoca.
La dimora dei Borromeo offre ai visitatori un ambiente elegante e sontuoso che conserva
inestimabili opere d’arte: arazzi, mobili,statue, dipinti, stucchi ma anche le curiose grotte a
mosaico,luogo di frescura e di diletto. Terminata la visita al Palazzo, si accede ai giardini
per una piacevole passeggiata. Questo singolare monumento fiorito sviluppato a terrazze
ornate e sovrapposte, è un classico e inimitabile esempio di “giardino all’italiana”
seicentesco. Fra piante esotiche e rare, la spettacolare fioritura è progettata per offrire
colori e profumi da marzo a ottobre.
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La più grande delle Isole Borromeo e la più caratteristica per l’atmosfera raccolta, silente,
incantata: un giardino di piante rare e fiori esotici nel quale vivono in piena libertà pavoni,
pappagalli e fagiani d’ogni varietà creando il fascino di una terra tropicale.
L’Isola Madre è particolarmente famosa per la fioritura di azalee, rododendri, camelie, ma
anche per i pergolati di glicini antichissimi, l’esemplare più grande d’Europa di Cipresso del
Kashmir di oltre duecento anni,le spalliere di cedri e limoni, la collezione di Ibisco e il
Ginkgo biloba.
Nel 1978 è stato aperto al pubblico il Palazzo del XVI° secolo, interessante per la
ricostruzione di ambienti d’epoca e per le collezioni di livree, bambole e porcellane.
Eccezionale l’esposizione dei “Teatrini delle Marionette” del ‘600/’800.
L’Isola Madre lascia al visitatore un ricordo di estrema raffinatezza nella cura dei giardini e
degli interni, offrendo un contenuto qualitativo destinato ai turisti più esigenti.
Nel punto più ampio del Golfo Borromeo si leva dalle acque la più grande delle isole del
Verbano: l’Isola Madre.
Anticamente nominata Isola di San Vittore per la presenza di una cappella dedicata al
Santo, è stata probabilmente la prima ad essere abitata. I primi lavori di trasformazione in
luogo di residenza privata, furono realizzati dal Conte Lancillotto Borromeo agli inizi del
secolo XVI.
L’Isola vive negli ultimi decenni del ‘500 un periodo di vivace attività edificatoria con
Renato I Borromeo (allora ribattezzata Renata), ad opera di importanti architetti quali
Pellegrino Tibaldi, il Crivelli e Filippo Cagnola. Alla fine del secolo XVIII il luogo aveva
assunto l’aspetto che sostanzialmente conserva ancora oggi.
L’ultima grande opera architettonica intrapresa fu la Cappella di famiglia, voluta a partire
dal 1858 da Vitaliano IX ad opera dell’architetto Defendente Tannini
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Isola dei Pescatori (o Superiore)
L‟inconfondibile profilo dell‟antico borgo, immutato con lo scorrere del tempo, rappresenta
sicuramente la più pittoresca delle Isole Borromee: il campanile aguzzo spunta dai coppi
rossi dei tetti, le case dai bassi porticati si affacciano sul lago mostrando pergolati ed
altane, la riva è sempre occupata dalle barche. La suggestione aumenta alla sera, quando
l‟intera isola viene avvolta da un‟armoniosa illuminazione che la trasforma in un vero e
proprio quadretto vivente che si specchia nelle docili acque del Lago Maggiore.
Detta anche Superiore per la posizione più a nord rispetto alle altre due “sorelle”, prende
nome dalla prevalente funzione che da secoli caratterizza questo borgo di pescatori.
Nonostante siano rimaste poche famiglie a mantenere l‟attività originaria, appare ancora
integra l‟identità della piccola comunità, che non cessa di affascinare i turisti con la
semplicità delle sue case, le strette viuzze, i portali in pietra ed i suggestivi sottopassi.
La Chiesa di San Vittore, poi, eletta a monumento nazionale, conserva tuttora l‟originario
abside con finestre monofore risalente al sec. XI. Successivamente ampliata con
l‟aggiunta delle cappelle ora dedicate alla Vergine ed al Sacro Cuore, raggiunse nel 1600
le attuali dimensioni. Al suo interno è conservato un affresco cinquecentesco raffigurante
Sant‟Agata, oltre ad alcune tele secentesche ed i busti in legno degli apostoli Pietro e
Andrea, patroni dei pescatori.
Sull‟isola si trovano alcuni negozietti tipici e, soprattutto, quei rinomati ristoranti dove è
possibile gustare i piatti a base di pesce appena pescato, tradizione che perdura nel
tempo e che non cessa di deliziare i palati di personaggi famosi.
A questo proposito vale la pena ricordare l‟aneddoto che nel 1935 vide Mussolini e gli altri
protagonisti della Conferenza di Stresa optare per un fuoriprogramma sull‟isola, attratti dal
desiderio di gustarne il piatto più celebre, il pesce persico.
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L’origine di questo scoglio si perde nel tempo dei tempi quando le sue
rocce emersero da questo antico lago, la cui natura circostante tuttora
esplode in magnificenza di colori, montagne, valli, i fiumi Ticino e Toce e
innumerevoli torrenti. Basandoci, in epoca più recente (1850), sull’opera di
Vincenzo De Vitt,” Il Lago Maggiore – Stresa e le Isole Borromee “, si
estrae quello che lui menziona come il “punto storico” o punto di partenza
della vita di quest’isola, che, sembra, un tempo si chiamasse Isola degli
Ulivi e fosse l’unica abitata “perché meno elevata e di superficie più
regolare”. Oggi, sebbene più semplice e con meno “pedigree” delle altre
(Isola Bella e Isola Madre della Famiglia Borromeo) é punto turistico
conosciuto internazionalmente e visitato per circa otto mesi all’anno da
turisti che si incantano per la semplicità, per la disposizione dei suoi vicoli
che ricordano la forma di un pesce, alberghi, ristoranti, bar, negozi e
chioschi, la chiesa dedicata a San Vittore martire (monumento nazionale)
ed il piccolo e suggestivo cimitero-giardino che in sbiadite fotografie ricorda
anche i primissimi abitanti isolani. L’antica attività del pescatore é tuttora
esercitata da una decina di uomini che integrano la “Cooperativa Dei
Pescatori” e forniscono pesci ai ristoranti locali che li servono in deliziose
ricette. Il più anziano di loro, Pier Battista Ruffoni, ne é il presidente (eterno
innamorato di queste acque che naviga, con la tipica barca da pesca, dalla
sua prima infanzia, accompagnando il padre anche lui pescatore come lo
erano tutti gli isolani in quell’epoca). Oggi Pier Battista stende la sua lunga
esperienza in sollecitate interviste televisive ed agli alunni di molte scuole
che qui approdano per conoscere il lago ed i suoi “segreti”…La magia di
quest’isola aumenta nelle giornate invernali con la neve ed il silenzio,
attingendo il suo massimo nella tradizionale sera del Ferragosto quando la
statua della Madonna é portata in processione con barche fiorite ed
illuminate attorno all’isola ….
GLI ABITANTI DELL’ISOLA PESCATORI
L’Isola Pescatori è abitata per tutto l’anno da una cinquantina di residenti stabili. Le
particolari condizioni di vita spingono gli abitanti ad una solidarietà spontanea in caso di
necessità. La pesca, un tempo attività principale, è ancora praticata da alcune famiglie che
hanno conservato una tradizione antica quanto affascinante. Se siete fortunati, potrete
imbattervi in qualche pescatore intento a riparare le reti sulla riva. Le tracce di questo
antico mestiere si trovano un po’ ovunque: alla “coda”, la striscia di terra alberata con cui
termina l’Isola, si trovano ancora alcuni elementi in ferro che un tempo erano usati come
supporti per stendere le reti; nei pressi del piccolo porto, dove sono ormeggiate le barche
da pesca, si conservano i resti di una caldaia che veniva utilizzata per tingere le reti, infatti
il colore delle reti varia a seconda dell’uso