Terminologia, linguaggio e esperienza del mondo della vela

In gergo marinaresco SCIORINARE significa “stendere all’aria aperta” e si può riferire sia alla biancheria da letto, sia al vestiario che alle vele.

In genere si faceva ogni due settimane, approfittando del tempo soleggiato e asciutto delle giornate di TRAMONTANA, per dare aria a vestiti, lenzuola, coperte e materasso esponendoli al sole per alcune ore; ad esso era in genere associato un posto di LAVAGGIO più approfondito del dormitorio per assicurare una maggiore igiene a bordo.

Per le VELE veniva fatto per asciugarle dopo la pioggia, in modo da evitare marcescenze della tela OLONA.

Nella marineria velica con il termine BRANDA si indicava non un letto ma una sorta di AMACA, un telo appeso tra due montanti o ganci che permetteva così di seguire il ROLLIO della nave e soffrire meno il mare mosso; inoltre, lo stesso locale poteva essere destinato ad altre attività durante il giorno.

Fino al 1943 la BRANDA era personale e seguiva il militare durante tutto il suo servizio a bordo e in caserma. Una volta “ROLLATA” veniva riposta nei BASTINGAGGI e in emergenza poteva essere utilizzata come galleggiante per parecchie ore.

Dopo la seconda guerra mondiale le nuove navi adottarono LETTINI fissi, che mantennero il nome di BRANDE, mentre le AMACHE rimasero solo sulle navi più vecchie e su quelle più piccole. Oggi sono impiegate solo su nave VESPUCCI.

Buon vento

4 detti simpatici per noi che andiamo in barca …andare in barca non è difficile, il difficile è insegnare ad andare in barca….La vela più grande è la maestra, la maestra più grande è la vela…Di maestro in barca c’è solo l’albero…in barca bisogna stare con i piedi per terra… Rimanere allievo è il segreto di ogni maestro… Acqua sotto la carena ne deve passare tanta, la scia che lascia la barca è la prima di quella che viene e l’ultima di quella che va. E ora la più importante…per imparare ad andare in barca, bisogna andare in barca!

Buon vento …Luciano

Prima dei moderni timoni elettronici si usavano i timoni a vento, questi erano formati da una banderuola all’altezza del pulpito di poppa e una pala in legno, che tramite demoltipliche essendo l’acqua più densa dell’aria, riduceva lo sforzo sul timone principale e correggeva la rotta senza il bisogno di stare continuamente al timone. Il grande marinaio Franco Malingri, progettista della serie Moana (barche oceaniche infatti Moana in lingua Maori significa Oceano) , fece alcune innovazioni brevettandole col nome Mustafà. Ancora oggi nelle traversate oceaniche se ne fa largamente uso. non si rompe e se succede, si può riparare facilmente.

Oggi esistono due grandi famiglie di piloti automatici, quelli alimentati in elettricità e comandati da una bussola elettronica e quelli alimentati dal vento e comandati dalla direzione del vento.
I piloti elettrici, detti piloti automatici o autopiloti, hanno il vantaggio di funzionare anche in assenza di vento, ma consumano elettricità
e quindi si usano in genere quando si va a motore. Costano meno di
quelli a vento e sono poco ingombranti.
Ma se intendete navigare a lungo a vela allora avete bisogno di un
timone a vento, altrimenti sarete obbligati a tenere acceso il motore
(o il generatore, se l’avete) per compensare il consumo di elettricità
dell’autopilota.
Il timone e vento costa di più e ingombra molto, ma non avendo
parti elettroniche ma solo meccaniche, si guasta raramente.
Infine il timone a vento risponde meglio alle variazioni di rotta.
Evidentemente l’autopilota tiene la rotta indipendentemente dal
vento, mentre il timone a vento, se il vento cambia, si mette su una
nuova rotta, conservando l’angolo al vento. Nonostante questa limitazione, quasi tutte le barche che fanno traversate oceaniche hanno un
timone a vento.

Mustafà
Franco Malingri ha progettato e prodotto un timone a vento storico,
Mustafà. Questo pilota aveva il comando con il pendolo tipo Gianoli
e un timone ausiliario, ma il servopendolo non ruotava direttamente il
timone ma un ’trimmer’ collegato al timone .
Anche in questo caso un piccolo sforzo prodotto dal servopendolo
riesce far ruotare il trimmer e che a sua volta provoca la rotazione del
timone.
Poiché il trimmer ruota ma è collegato al timone che può ruotare
a sua volta, si ottiene una rotazione del timone, similmente a quan-
to accade negli aerei dove una rotazione degli alettoni provoca uno
spostamento di tutto l’aereo.

Grazie Luciano

Ciao gruppo, buon anno : con l’approvazione del nostro presidente provo a trattare quest’altro argomento:
Il bonton del velista, o se preferite, lo Yacht Man. Prima di salire in barca si chiede il permesso al comandante , avutolo ci si aiuta tenendosi alle sartie ( non alla draglie o candelieri) poi una volta saliti una delle prime cose sono le scarpe, le scarpe sono gli accessori d’abbigliamento che calpestano le barche, quindi devono essere con suola bianca, senza ” carroarmato” ma piuttosto con un buon grip x non scivolare, vanno legate bene al piede x non perderle.

Se ci sono ospiti a bordo magari poco pratici bisogna spiegare come funziona la vita in barca, a cominciare dal w.c. per il suo uso corretto non sprecare l’acqua, la carta non si butta dentro ma in un contenitore apposito. Fare attenzione ai fornelli, aiutare nei lavori di riordino. In navigazione bisogna spiegare lo svolgimento del corretto uso delle manovre, quando ci si muove in coperta tenersi sempre, ricordare un detto: una mano per te, una mano per la barca.
Ora quando si arriva in rada dare ordini precisi sul punto dove si intende ancorare . Fare attenzione di avere un buon campo di giro x non andare ad abbordare le altre barche che possono trovarsi nei pressi.
Bisogna evitare schiamazzi che possano dare fastidio ad altri diportisti. Se si mangia in pozzetto ci si può lasciare andare a canti e suoni che è cosa piacevole, ma con moderazione. Al mattino si riparte, spesso mentre altri ancora dormono…evitare rumori inutili e urla. Navigazione ottima, piacevole, la zona di prua invita a prendere il sole, usare degli asciugamani, anche x non macchiare la coperta con creme solari, soprattutto se è una bella coperta in teak.
Quando si entra in un marina valgono le stesse regole precedenti. Può capitare di dover mettersi in andana perché non c’è posto in banchina, chiedere sempre il permesso alla barca cui intendiamo avvicinarci. Le cime d’ormeggio vanno portate a terra e fatte passare sotto a quelle già in bitta.
Se si scende a terra ci si tolgono le scarpe e chiedendo il permesso si passa sempre a proravia dell’albero. Inutile dire le stesse cose valgono al rientro, evitando schiamazzi, magari dopo una buona bottiglia di prosecco. Altra raccomandazione quando si rientra in porto si collabora tutti alle operazioni di ormeggio, via cellulari, cuffiette, libri, asciugamani, sigarette (a parte che in barca non si dovrebbe fumare) se si era in costume da bagno ci si mette pantaloncini e
maglietta. Non vanno mai portate cose ingombranti, solo borsoni non rigidi che sono facili da stivare. Ultima raccomandazione…portare sempre una buona bottiglia…
Sicuramente avrò tralasciato qualcosa, si accettano altri consigli.

Grazie….da Luciano.

Ecco le 10 regole base del galateo in barca:

1 Dimostrarsi disponibili – e rispettosi – dei turni per piccole incombenze
2 Ringraziare e fare complimenti all’equipaggio- Sempre
3 Evitare di portare borse rigide come bagagli
4 No ai  tacchi (sono anche pericolosi)
5 Le scarpe non si indossano
6 Non gettare cose nel gabinetto (nè tanto meno in mare!)
7 Lo Skipper è sempre la persona più importante
8 Adattarsi al cibo che viene proposto
9 Non ci si veste come in terraferma. Poche cose e marine
10 Non essere rigidi con gli altri compagni di barca

Oggi vi parlerò di buchi che abbiamo sotto le barche, ce ne sono tanti, aprirli tutti vuol dire mandare a picco nel giro di pochi minuti il nostro guscio. Nell’opera viva ci sono le prese e gli scarichi a mare, tutti sono messi in sicurezza dalle valvole di chiusura, prese x lavelli x wc x raffreddamento motore e scarico pompe di sentina, altri buchi nell’opera morta sono gli ombrinali, servono a far defluire l’acqua nel pozzetto, quando piove e per le onde che sovrastano la barca. L ‘ombrinale del gavone dell’ancora, gli ombrinali delle falchette. Un altro bel buco lo troviamo in coperta quando l’albero è passante, si chiama mastra. Gli oblò sono sulla tuga. Ora vorrei aggiungere due aperture situate nelle coffe degli antichi velieri, le coffe che sono piattaforme situate a metà degli alberi da cui ci si muove lungo i pennoni delle vele tramite i marciapiedi e i tientibene: questi buchi di passaggio si chiamano: buco del gatto o buco del codardo, del codardo perché il marinaio che si serviva di questi non si aggrappava alle sartie rovesce o rigge. Il marinaio addetto è il gabbiere. Da notare i marciapiedi sotto il pennone. Sul Vespucci l’albero maestro è alto 70 mt dalla coperta e con rollio e beccheggio, vento e mare….Il trevo maggiore (pennone) è lungo 15metri.

Anche l’occhio di cubia é un ulteriore buco da cui esce l’ancora dalle navi.
I fori di biscia in sentina, tra un madiere e l’altro sono dei buchi per portare l’acqua nel punto più basso della sentina.

Chiudo con una mia metafora: la barca in se è un buco nell’acqua… buon vento. Luciano

Ciao gruppo, vorrei il più semplicemente possibile, spiegare la bussola, anche se durante ilcorso base 2 è già stata spiegata. È uno strumento indispensabile a bordo anche se con l’evento del G.P.S.(posizione globo satellite) se ne fa meno uso. La bussola che deriva da bosso, legno molto duro, ha origini antichissime, già nel XI secolo ne facevano uso, si dice che la sua invenzione è merito degli arabi, ma fu un italiano a perfezionarla, nel 1309 , si chiamava: Flavio Gioia di Amalfi. La bussola in sé è praticamente impossibile usarla se non è compensata, essendo” disturbata”dalla deviazione e dalla declinazione. La deviazione, agendo come una calamita è attratta dai ferri di bordo, motore ecc. si tratta di deviazione magnetica. Detta deviazione va compensata, da un esperto periodicamente, se non fosse sufficiente viene stilata una tabella delle deviazioni residue, propria di ogni barca. Essendo la terra un magnete è deviata anche da essa, si tratta della declinazione magnetica. Questa varia da luogo a luogo e di anno in anno. Queste indicazioni le troviamo sulla carta nautica della zona in cui stiamo navigando. Una bussola bellissima la si può vedere nelle barche d’epoca racchiusa in una colonnina in ottone e vetro detta chiesuola della bussola, affiancata da due sfere di ferro regolabili vicino e lontano x la deviazione magnetica di bordo.

La bussola è uno strumento per l’individuazione dei punti cardinali (nordsudest e ovest) sulla superficie terrestre e in atmosfera, a fini di orientamento e navigazione. È provvista di un ago magnetizzato che, libero di girare su un perno, ha la proprietà di allinearsi lungo le linee di forza del campo magnetico terrestre indicando così la direzione nordsud (entro i limiti d’errore dovuti alla declinazione magnetica).

Il suo uso è fondamentale in mare aperto, in vasti spazi, dove non ci siano punti di riferimento, così come in presenza di riferimenti per localizzarsi goniometricamente rispetto a essi (es. in orienteering). Utilizzata insieme ad un orologio e un sestante dà luogo ad un accuratissimo sistema di navigazione. Questo strumento ha migliorato la navigazione facilitando i commerci marittimi e i viaggi per mare rendendoli più sicuri ed efficienti.

(Luciano)

Ciao gruppo, in questi giorni durante la regata intorno al mondo si senteparlare dei 40 ruggenti e 50 urlanti, precisiamo che ci si riferisce alle latitudini a sud dell’ equatore, ovvero il quarantesimo e il cinquantesimo parallelo sud. Ruggenti e urlanti per via del rumore e frastuono del vento e del mare che si ode a quelle latitudini. Immaginate che devono scendere fino al sessantesimo parallelo x poter scapolare la punta estrema dell’America meridionale , il temibile Capo Horn, dall’oceano Atlantico passano all’oceano Pacifico, dove mare e vento con onde altissime è agitato x 360 giorni all’anno. Spero che questa semplice notizia faccia piacere a chi non lo sapeva.

P.s.da quando è stato aperto il canale di Panama la navigazione è più semplice!

L’espressione Quaranta ruggenti ( Roaring Forties) è stata coniata all’epoca dei grandi velieri che passavano per Capo Horn. Poiché la forza del vento aumenta procedendo verso sud, oltre il 50º parallelo gli stessi inglesi parlavano di Furious Fifties (che in italiano viene tradotto con Cinquanta urlanti).

Con Quaranta ruggenti e Cinquanta urlanti vengono convenzionalmente indicate in marineria due fasce di latitudini australi caratterizzate da forti venti provenienti dal settore ovest (predominanti), le quali si collocano rispettivamente tra il 40º e il 50º parallelo e tra il 50º e il 60º parallelo dell’emisfero meridionale. Tali venti hanno la stessa origine dei venti da ovest dell’emisfero settentrionale, ma la loro intensità è superiore di circa il 40 per cento: ciò è dovuto alla serie di intense depressioni che interessano queste zone, dovute all’incontro tra l’aria fredda dell’Antartide e l’aria calda proveniente dal centro degli oceani, inoltre questi venti sono amplificati dalla relativa scarsità di terre emerse nell’emisfero sud, cosicché soffiando sempre sul mare non incontrano mai terraferma che li potrebbe frenare.

La denominazione deriva dal nome dei paralleli alla cui latitudine soffiano questi venti: Quaranta o Cinquanta e dal rumore che il vento produce sibilando attraverso gli alberi, il sartiame e la velatura delle imbarcazioni a vela, che somiglia a un ruggito sui 40° e ad un grido sui 50°.

(luciano)

Il bompresso, si divide in tre tronconi : 1 bompresso, 2 asta di fiocco 3 asta di controfiocco. I bompressi di adesso sono e si chiamano: buttafuori del gennacher. ( Luciano )

,Ciao gruppo: terzo giorno, oggi iniziamo con bitte gallocce strozzascotte. In apparenza possono sembrare uguali: per assicurare la barca al pontile si usano le bitte d’ormeggio, le gallocce x dare volta alle drizze quando sono all’albero, nel rinvio al pozzetto si usano gli stopper, per le scotte del genoa ci sono gli strozzascotte. Si sente dire lucernario o finestra, invece di dire: passauomo o calavele, sono posti in coperta o sulla tuga. Candelieri e non candelabri. Ancora,non si deve dire calare o buttare , l’ancora si da fondo. Per tenersi in barca ci sono i tientibene, anche qui si sente dire: maniglioni, i maniglioni sono invece dei grossi grilli. Poi abbiamo: cassa e scassa, la cassa è dove alloggia la deriva mobile, mentre la scassa è dove appoggia l’albero, che può essere in coperta o in sentina quando è passante. Sui velieri muniti di sartie con scalini ( gli scalini in gergo si chiamano griselle) servono x salire in testa d’albero, il termine corretto è: andare a riva, che non significa andare a terra. Fasciame e comenti,non si chiamano doghe che sono quelle x i materassi. Il fasciame è composto dai corsi che possono essere a paro o sovrapposti detto anche a Clinker. In coperta invece sono i comenti. In entrambi i casi vengono calafatati.

Per oggi è così. Ciao (Luciano)

anche oggi ho la pretesa, nel mio piccolo, di sottolineare alcuni termini di uso comune.

come ho già scritto vado a ritoccare solo parole che involontariamente vengono distorte.

  • La barca ha dei lati, che si chiamano fiancate o murate; si sente dire spesso mure. È sbagliato, le mure sono manovre che tramite cime tirano verso prora le bugne nelle vele quadre. Da lì dipendono le precedenze in navigazione.
  • Puntale e puntello, quando l’albero non è passante è sostenuto da sottocoperta da un puntello; il puntale fa parte di una formula di progetto nella zona prodiera.
  • Nei nodi troviamo il parlato che serve anche per legare i parabordi alle draglie. Erroneamente viene definito nodo parabordo.
  • L’albero è sostenuto a prua e a poppa da 2 cavi. Si chiama strallo il cavo di prua; strallo di poppa no non è corretto, a prua strallo, a poppa paterazzo. Poi c’è lo strallo di trinchetta per la vela di trinchetto, lo stralletto invece è solo strutturale.
  • Caricabasso, serve per tenere il tangone verso il basso, mentre invece non si dice carica alto ma è l’amantiglio del tangone.

Anche oggi mi fermo qui.

Alla prossima! (Luciano)